La discesa nel sottosuolo alla ricerca dell’empatia. Perché nel sottosuolo? Perché lì corre la metropolitana, perfetta metafora della vita e regno della casualità. Lì corre la vita sconosciuta degli altri.
Per scoprire chi siamo realmente è necessario avere il coraggio di scendere nel sottosuolo, viverci per un po’, confrontandosi con i propri fantasmi e i propri insoluti. Solo così potremo poi riemergere diversi alla luce di un nuovo giorno.
Una nostalgica badante siberiana, un insolito innamorato, un amante dei gatti e la sua strana storia di fantasmi, un architetto ossessionato dalla luna, un cane parlante, un anziano conduttore di autobus e il suo sogno segreto, lo spaesato contadino in trasferta, la scrittrice di frasi da cioccolatini, l’affascinante sconosciuta e la richiesta di un aiuto particolare.
Nove incontri causali in metropolitana diventano tappe essenziali del percorso di maturazione del protagonista. Un viaggio emozionante e vertiginoso nel sottosuolo dell’IO.
“Così la metropolitana che tanto assomiglia all’esistenza di coloro per i quali la vita è una sempre corsa nel buio, per il nostro inquieto osservatore diventa una sorta di percorso incantato dove il treno della coscienza di sé manovra verso la maturità, in una sorprendente alternanza di luci e di oscurità, di gallerie sempre gravide di attese e di stazioni da dove uscire per riprendere a vivere. Una dimensione, concreta o allegorica, dove differenziare gli altri e riconoscere sé stessi scoprendo che è la vita di tutti noi quella che corre nei due livelli, il suolo e il sottosuolo, intendendo come suolo la vita che vediamo e come sottosuolo quella che non vediamo. E se non si può individuare la parte migliore di noi “di sopra”, cioè nel livello personale, la si deve ritrovare “di sotto”, nel mondo invisibile degli altri, dove un’anonima moltitudine consuma l’esistenza in continua rincorsa e lo fa proprio come noi.”
Brescia Oggi
Giovedi 20 dicembre 2018
Vedere l’invisibile. Guardare al mondo in modo nuovo. Trovare lo straordinario nell’ordinario. A volte succede. Se si scende sotto la superficie e si scava più a fondo, si scopre che la vita è un incrocio di altre vite, di tante vie. «Epifanie di un viaggio nel sottosuolo» lo racconta con pagine che corrono rapide e leggere, sorprendenti fin dal titolo: «La metropolitana dentro», l’ultimo romanzo (Phasar, 225 pagine, 12 euro) di Augusto M. Funari, medico di professione, scrittore e poeta per passione. Il libro sarà presentato oggi alle 17.30 - da Arnaldo da Brescia e Korian - alla Residenza Vittoria, in via Calatafimi 1 con Sergio Isonni, Mauro Zappa (Bresciaoggi) e al pianoforte Nicolai Maletskov. Il protagonista della storia - incantato viaggiatore, osservatore inquieto - ama andare senza meta sull’onda della curiosità, per conoscere, per sognare, in cerca di quella bellezza «fatta di niente, che vive inespressa nelle cose di tutti i giorni». E la quotidianità della «gente normale» la trova là, nel variegato mondo parallelo sottoterra dove sfreccia l’ipermoderna, piccola metropolitana della sua città. Luogo di transito, «regno del caso». Come la vita. Un mutevole flusso che corre. Eppure il solitario passeggero, giorno dopo giorno, scopre altro; lo sguardo attento, la mente libera, il cuore pronto all’ascolto: voci, volti, gesti diversi, impercettibili segni da decifrare. Illuminanti minime «epifanie» che risvegliano vecchi ricordi, nuovi pensieri; così ogni incontro si fa confronto, e sorpresa. Dall’anziano col gatto che miagola nel cestino alla quasi poetessa… sono storie ricche di «sussulti emotivi», dialoghi gentili, suggestioni filosofico-letterarie. La magìa della fantasia, la forza dell’empatia, l’impegno della vita come scelta. È densa e lieve la materia narrata da Funari, con una scrittura che - mobile e scorrevole - porta dal sottosuolo (dell’anima, e della società) ad una diversa consapevolezza di sé e dell’altro. •
Piera Maculotti
La Metropolitana Dentro
Epifanie di un viaggio nel sottosuolo
Dietro l'apparente, ma ingannevole, modestia di uno stile scorrevole e accattivante, che mira maggiormente ad essere ai più accessibile che al rigore scientifico, il libro lambisce problemi fondamentali. In primo luogo, la debolezza dell'io e l'incapacità dell'uomo moderno di guardarsi dentro. La lettura del tuo libro, per una forma di associazione tutta mia, personale, mi ha evocato un bel libro di David Riesman (anni '50, ma a mio avviso ancora attualissimo), La folla solitaria, dove l'autore osserva acutamente che si è passati da un individuo, pienamente consapevole di sé e perciò spinto da incrollabili certezze interiori (inner-directed) ad un altro che per orientarsi non guarda dentro di sé, ma si regola principalmente sulle posizioni e sui movimenti degli altri, insomma un individuo che guarda fuori di sé e aspetta dagli altri i segnali e le indicazioni di direzione, gli orientamenti, i valori (other-directed): in altri termini, uno etero-diretto, che segue docile la logica dell'armento e che è felice di darsi, di dimenticarsi come individuo per ritrovarsi e ricrearsi nell'altro (oggi diremmo 'un individuo connesso'). Ora, in una società del genere, in cui la maggior parte degli individui attende dagli altri e non da se stessa i segnali decisivi per orientare la propria condotta, si ha inevitabilmente lo svuotamento morale, il cedimento sistematico alla manipolazione su vasta scala e quindi il gregarismo e il conformismo generalizzati. In queste condizioni, non ci potrà essere alcuna crescita. Pertanto, se non modifichiamo qualcosa in noi stessi - a guardarci dentro e nello stesso tempo ad osservare gli altri per capire meglio noi stessi, che mi sembra il punto focale del tuo libro, è impossibile realizzare modificazioni significative nella nostra vita. Mi pare che nel tuo La metropolitana dentro (e l'avverbio 'dentro' è particolarmente evocativo e pregnante!) si sottolinei, in modo inequivocabile, la necessità dell'assunzione di un ruolo di protagonista per ogni individuo (incominciando prima da se stesso); così come mi pare che indirettamente si affermi che nessuno può semplicemente lasciarsi vivere o attendersi che altri viva, affronti rischi e incertezze al suo posto. Si deve vivere solo in prima persona, non si può vivere per delega (a questo proposito mi pare emblematico l'ultimo racconto del tuo libro, dove il protagonista si sente appagato solo dopo essere riuscito a liberare l'affascinante sconosciuta dalla dipendenza di una simbiosi affettiva offrendole orizzonti di autonomia senza peraltro sostituirsi a lei). Per queste ragioni, è più che mai necessario auto-riconoscersi prima di buttarsi nelle braccia di un'alterità che permane vaga e inconsistente nella sua piattezza. Infatti si diviene pienamente maturi, autonomi, quando non si ha bisogno di ricercare nell'altro la salvezza propria (le ultime battute dell'affascinante sconosciuta ne sono un'eloquente conferma: "sono io che devo trovare la mia uscita e se la gente intorno mi costringe o mi nasconde, dovrò guadagnarmela da sola la via per tornare a vivere".
Prof. Marco Jannucci
Ho ricevuto in dono il libro da Augusto e sto cominciando a centellinarmi questa piccola perla scritta con la consueta profondità di pensiero e con la singolare capacità di scandagliare i moti dell'anima che contraddistinguono il nostro amico. L'effetto é sorprendente: c'é una malinconia esistenziale che accompagna tutto il viaggio nell'ombra, ma é tutto così umano, condivisibile, necessario, che quasi si ha la sensazione di stare con lui e di conoscere i suoi personaggi, quelli che in fondo incontriamo tutti i giorni senza soffermarci a considerarli. Augusto mi ha sorpreso con le letture precedenti, ma credo che abbia raggiunto con questo libro altezze sicuramente ancora più elevate.
Ne sono stato deliziato: E' una panoramica su quell'umanità che ci sfiora per un solo momento e poi scompare per sempre lasciandoci mille interrogativi, qualche rimpianto e tanta curiosità inappagata. Tu sei riuscito a cristallizzare questi incontri svelando tratti umani insospettabili ma del tutto naturali. Siamo delle monadi, oggi più di ieri, incapaci di relazionare. Fuggiamo e non sappiamo neanche dove andiamo: Forse tutti dovremmo entrare nella tua metropolitana, osservare, chiedere, partecipare. Come nota curiosa ti confesso che mi sono ritrovato nel ragazzo che portava ogni giorno fiori alla sua amata ignara. L'ho fatto anch'io. Avevo commissionato una rosa al giorno che il fioraio avrebbe dovuto consegnare senza riferire chi la donava, ho scoperto in seguito che un giorno gliene portava tre e poi nessuna, cinque e poi niente. Mancando l'assiduità é mancata la forza del desiderio ed é andata a finire male.
Dr. Nicola Monterisi